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quinta-feira, 31 de março de 2011

Il sacerdote e il Canone della S. Messa, o Prece eucaristica

Il cuore e culmine della Santa Messa



La Preghiera Eucaristica, nota nella tradizione orientale come Anaphora («offerta»), è davvero il «cuore» e il «culmine» della celebrazione della Santa Messa, come spiega il Catechismo della Chiesa Cattolica[1]. Nella tradizione romana, la Preghiera Eucaristica ha preso il nome di Canon Missae («Canone della Messa»), espressione che si trova nei primi Sacramentari e che risale almeno al Papa Vigilio (537-555), il quale parla della «prex canonica»[2].

La Anafora o Canone è una lunga preghiera che ha forma di ringraziamento (eucharistia), improntata all'esempio di Cristo stesso durante l'Ultima Cena, quando Gesù prese il pane ed il calice del vino e «diede grazie» (Mt 26,27; Mc 14,23; Lc 22,19; 1Cor 11,23). San Cipriano di Cartagine (morto nel 258), uno dei testimoni più importanti della tradizione latina, ha fornito una formulazione classica del legame inseparabile tra la celebrazione liturgica e l'evento dell'istituzione dell'Eucaristia nel cenacolo, quando ha enfatizzato il fatto che il celebrante deve imitare da vicino gli atti e le parole che il Signore usò in quell'occasione, e dai quali dipende la validità dei sacramenti[3].

Il Santo Padre Benedetto XVI ha espresso questa verità essenziale della fede in un'omelia tenuta a Parigi durante la sua Visita Apostolica del 2008:

«Il pane che noi spezziamo è comunione al Corpo di Cristo; il calice di ringraziamento che noi benediciamo è comunione al Sangue di Cristo. Rivelazione straordinaria, che ci viene da Cristo e ci è trasmessa dagli Apostoli e da tutta la Chiesa da quasi duemila anni: Cristo ha istituito il sacramento dell'Eucaristia la sera del Giovedì Santo. Egli ha voluto che il suo sacrificio fosse nuovamente presentato, in modo incruento, ogni volta che un sacerdote ridice le parole della consacrazione sul pane e sul vino. Milioni di volte da venti secoli, nella più umile delle cappelle come nella più grandiosa delle basiliche o delle cattedrali, il Signore risorto si è donato al suo popolo, divenendo così, secondo la formula di sant'Agostino, "più intimo a noi che noi medesimi" (cf. Confess. III, 6.11)»[4].

Le singole parole del «ringraziamento» di Cristo - eccetto quelle dell'istituzione, con le quali il Signore stabilì il Sacrificio della Nuova Alleanza - non ci sono state trasmesse e perciò all'interno della Tradizione Apostolica si è sviluppata una varietà di riti che sono storicamente associati con le sedi primaziali più importanti, che sono nominate dal sesto canone del Concilio di Nicea (325): Roma, Alessandria, Antiochia e, un poco più tardi, Bisanzio[5].

Elementi essenziali della Prece Eucaristica

Gli elementi essenziali della Preghiera Eucaristica sono presentati sinteticamente nel Catechismo:

- Nel Prefazio, «la Chiesa rende grazie al Padre, per mezzo di Cristo, nello Spirito Santo, per tutte le sue opere, per la creazione, la redenzione e la santificazione. In questo modo l'intera comunità si unisce alla lode incessante che la Chiesa celeste, gli angeli e tutti i santi cantano al Dio tre volte Santo»[6].

- Nell'Epiclesi, la Chiesa «prega il Padre di mandare il suo Santo Spirito (o la potenza della sua benedizione) sul pane e sul vino, affinché diventino, per la sua potenza, il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo e perché coloro che partecipano all'Eucaristia siano un solo corpo e un solo spirito (alcune tradizioni liturgiche situano l'epiclesi dopo l'anamnesi)»[7].

- Nel cuore della Preghiera Eucaristica, ossia nel racconto dell'istituzione, «l'efficacia delle parole e dell'azione di Cristo, e la potenza dello Spirito Santo, rendono sacramentalmente presenti sotto le specie del pane e del vino il suo Corpo e il suo Sangue, il suo sacrificio offerto sulla croce una volta per tutte»[8].

- Al racconto istituzionale fa seguito l'anamnesi, nella quale «la Chiesa fa memoria della Passione, della Risurrezione e del Ritorno glorioso di Gesù Cristo; essa presenta al Padre l'offerta di suo Figlio che ci riconcilia con lui»[9].

- Nelle intercessioni, si «manifesta che l'Eucaristia viene celebrata in comunione con tutta la Chiesa del cielo e della terra, dei vivi e dei defunti, e nella comunione con i pastori della Chiesa, il Papa, il vescovo della diocesi, il suo presbiterio e i suoi diaconi, e tutti i vescovi del mondo con le loro Chiese»[10].

Dalla tarda antichità fino alla riforma liturgica effettuata dopo il Concilio Vaticano II, il Canon Missae era l'unica Preghiera Eucaristica del Rito Romano, ed è ancora così per la forma straordinaria di questo rito, celebrata in accordo al Missale Romanum del 1962. Nella editio typica del Messale pubblicata nel 1970, il Canone Romano è stato conservato con alcune modifiche secondarie (e con la riduzione dei gesti rubricali) come la prima di quattro Preghiere Eucaristiche. Le nuove Preghiere Eucaristiche contengono elementi sia della tradizione latina che di quelle orientali. Successivamente, sono state aggiunge al Messale ancora altre Preghiere Eucaristiche.

Il Canon Missae risale alla seconda metà del IV secolo, periodo in cui la liturgia latina romana cominciò a svilupparsi pienamente. Nel suo De Sacramentis, che consiste in una serie di catechesi tenute ai nuovi battezzati attorno all'anno 390, sant'Ambrogio cita in modo esteso brani della Preghiera Eucaristica utilizzata in quel tempo nella sua città[11]. I brani citati rappresentano le prime formulazioni delle preghiere Quam oblationem, Qui pridie, Unde et memores, Supra quae, e Supplices te rogamus del Canone che si trova nei primi Sacramentari romani.

Nella più anticha tradizione romana, il Canone inizia con ciò che noi oggi chiamiamo Prefazio, un atto solenne di ringraziamento a Dio per i suoi innumerevoli benefici, specialmente per la sua opera di salvezza. Il Sanctus fu introdotto in un momento successivo, separando così il Prefazio dalle preghiere che seguono. È una caratteristica propria del Rito Romano che il testo del Prefazio vari in accordo al tempo liturgico o alla festa celebrata. Le collezioni più antiche di Messe riportavano diversi Prefazi, che si erano molto ridotti già nel primo medioevo, sicché il Missale Romanum del 1570 ne mantenne soltanto undici. Successivamente se ne aggiunsero altri e di certo rappresenta uno dei guadagni dell'opera più recente di riforma liturgica l'aver arricchito il corpus dei Prefazi scegliendoli dalle fonti antiche[12].

La preghiera sacerdotale

Come ha scritto Giovanni Paolo II nella sua Lettera Apostolica Dominicae Cenae nei primi anni del suo pontificato, l'Eucaristia è «la principale e centrale ragion d'essere del sacramento del sacerdozio, nato effettivamente nel momento dell'istituzione dell'Eucaristia e insieme con essa»[13]. La Preghiera Eucaristica è davvero la preghiera sacerdotale per eccellenza perché, come insegna il Concilio Vaticano II, il sacerdote ordinato «compie il sacrificio eucaristico nel ruolo di Cristo e lo offre a Dio a nome di tutto il popolo»[14]. Il sacerdote, che ricevendo il sacramento dell'Ordine è stato conformato a Cristo Sommo Sacerdote, agisce e parla rappresentando Cristo Capo. È per questa ragione - scrive Giovanni Paolo II nella sua ultima Enciclica Ecclesia de Eucharistia - che «nel Messale Romano è prescritto che sia unicamente il sacerdote a recitare la Preghiera Eucaristica, mentre il popolo vi si associa con fede e in silenzio»[15].

Nella consacrazione dell'Eucaristia, il sacerdote ordinato non agisce mai da solo, ma sempre in e con il Corpo Mistico di Cristo, la Chiesa, i cui membri, attraverso le virtù infuse della fede e della carità, partecipano all'azione di Cristo Capo rappresentati dal sacerdote ministro. Il Papa Pio XII, nella sua Enciclica Mediator Dei, afferma che anche i fedeli «offrono la Vittima divina, sebbene in un senso diverso» rispetto a come la offre il sacerdote ministro. Questo insegnamento è confermato da riferimenti agli scritti sulla Messa di Papa Innocenzo III e di san Roberto Bellarmino. Pio XII richiama l'attenzione anche sul fatto che le preghiere liturgiche di offerta sono spesso alla prima persona plurale, come avviene anche in diverse parti del Canone della Messa[16]. Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione sulla Sacra Liturgia, segue la Mediator Dei quando proclama che i fedeli, al partecipare al Mistero della Fede, ossia alla Santa Eucaristia, «rendano grazie a Dio, offrendo la Vittima immacolata non soltanto per le mani del sacerdote, ma insieme con lui, e imparino ad offrire se stessi»[17]. Come insegna poi la Costituzione Dogmatica conciliare sulla Chiesa, «i fedeli, in virtù del loro regale sacerdozio, concorrono all'offerta dell'Eucaristia»[18]. Attraverso il carattere indelebile che hanno ricevuto nel Battesimo, i fedeli partecipano al sacerdozio di Cristo e pertanto anche all'offerta sacrificale che Egli fa di sé al Padre nello Spirito Santo.

Questo insegnamento del Magistero della Chiesa offre anche il fondamento per una rinnovata e più profonda comprensione della participatio actuosa (partecipazione attiva) dei fedeli alla liturgia, partecipazione che non è solo esteriore, ma anche e soprattutto interiore. Da questa prospettiva si capisce anche meglio perché sin dall'epoca carolingia fino alla riforma del Vaticano II, e anche oggi nella forma straordinaria del Rito Romano, il sacerdote celebrante prega il Canone in silenzio. Come ha spiegato l'allora Cardinale Joseph Ratzinger, così facendo non si nega la comunione davanti a Dio:

«Non è affatto vero che la recitazione ad alta voce, ininterrotta, della Preghiera Eucaristica sia la condizione per la partecipazione di tutti a questo atto centrale della Celebrazione eucaristica. La mia proposta di allora era: da una parte l'educazione liturgica deve far sì che i fedeli conoscano il significato essenziale e l'indirizzo fondamentale del canone; dall'altra, le prime parole delle singole preghiere dovrebbero essere pronunciate a voce alta come un invito a tutta la comunità, così che, poi, la preghiera silenziosa di ciascuno faccia propria l'intonazione e possa portare la dimensione personale in quella comunitaria, quella comunitaria nella dimensione personale. Chi ha personalmente vissuto l'unità della Chiesa nel silenzio della Preghiera Eucaristica ha sperimentato che cos'è il silenzio davvero pieno, che rappresenta insieme un forte e penetrante grido rivolto a Dio, una preghiera colma di spirito. Qui noi preghiamo davvero tutti insieme il Canone, sia pure nel legame con l'incarico particolare del servizio sacerdotale»[19].

Per i sacerdoti, la Celebrazione dell'Eucaristia è il momento più importante della giornata. Tutte le altre attività, ogni altro aspetto della loro esistenza sacerdotale deve essere intimamente connesso all'offerta del Santo Sacrificio. Qui troviamo il cuore del sacerdozio e anzi di tutta la natura sacramentale della Chiesa, come l'allora teologo Joseph Ratzinger ha detto così bene:

«Affinché l'evento avvenuto in un tempo passato si faccia presente, devono dunque essere pronunciate le parole: Questo è il mio Corpo - Questo è il mio Sangue. Ma in queste parole si suppone che parli l'Io di Gesù Cristo. Solo Lui può dire queste cose; sono le Sue parole. Nessun uomo può pretendere di dichiarare l'Io di Gesù Cristo come proprio. Nessuno può qui dire in modo appropriato "Io" e "Mio". Eppure ciò deve essere detto, se il mistero salvifico non è più un lontano passato. Perciò questo si può dire a partire da un munus [Vollmacht] che nessuno può darsi da sé - un munus che neppure una comunità o molte comunità possono trasmettere, bensì solo può fondarsi sull'autorizzazione "sacramentale" data all'intera Chiesa da Gesù Cristo stesso. [...] E questo è esattamente l'"Ordinazione sacerdotale" e il "Sacerdozio"»[20].

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Note

[1] Catechismo della Chiesa Cattolica [= CCC], n. 1352.

[2] Papa Vigilio, Ep. ad Profuturum, 5: PL 69,18

[3] Cipriano di Cartagine, Ep. 63,16-17: CSEL 3,714-715.

[4] Benedetto XVI, Omelia durante la Celebrazione Eucaristica all'Esplanade des Invalides, Paris (13 settembre 2008).

[5] Cf. Joseph Ratzinger, Introduzione allo spirito della liturgia, San Paolo, Cinisello Balsamo 2001, pp. 155-166.

[6] CCC, n. 1352.

[7] CCC, n. 1353

[8] Ibid.

[9] CCC, n. 1354.

[10] Ibid.

[11] Ambrogio di Milano, De Sacramentis, IV, 5,21-22; 6,26-27: CSEL 73,55 e 57.

[12] Nella sua Lettera ai Vescovi di tutto il mondo per presentare il "Motu Proprio" sull'uso della liturgia romana anteriore alla riforma del 1970 (7 luglio 2007), Papa Benedetto XVI indica che il Messale antico potrebbe essere arricchito dall'inserimento di «nuovi santi e alcuni dei nuovi prefazi».

[13] Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica Dominicae Cenae (24 febbraio 1980), n. 2.

[14] Concilio Vaticano II, Costituzione Dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 10.

[15] Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003), n. 28.

[16] Pio XII, Lettera Enciclica Mediator Dei (20 novembre 1947), nn. 85-87.

[17] Concilio Vaticano II, Costituzione sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, n. 48.

[18] Concilio Vaticano II, Lumen Gentium, n. 10.

[19] J. Ratzinger, Introduzione allo spirito della liturgia, p. 211.

[20] J. Ratzinger, Das Fest des Glaubens. Versuche zur Theologie des Gottesdienstes, Johannes, Einsiedeln 1993 (III ediz.), pp. 84-85 (= J. Ratzinger, Theologie der Liturgie. Die sakramentale Begründung christlicher Existenz, Gesammelte Schriften 11, Freiburg, Herder 2008, p. 626).

Estratto: Vatican.va

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